mercoledì 15 giugno 2016

La casa nascosta

Sempre conservo il ricordo delle ombre e delle luci di quella casa coperta dall'edera, la mia piccola casa divorata dalle piante rampicanti e dalla notte, così umida e crudele.
Se sono qui, ora, è perché sono cresciuta, sono diventata una donna, una madre, una moglie. Non ho più paura del tempo, ma vedo gli amici andarsene e sono impotente davanti alle loro porte chiuse per sempre. Ci parliamo ancora, ci amiamo, ma attraverso le porte. Non possiamo più toccarci, né vederci, né ascoltarci. Così sopravviviamo alla nostra separazione sussurrando ai nostri fantasmi, sorridiamo a qualcosa di indistinto nascosto nell'aria; forse uno sguardo, la luce di un istante dimenticato che riaffiora, leggera, inaspettata.

A volte mi chiedo perché. Perché il dolore, la malattia, la decadenza. Non so trovare le risposte. Sono un piccolo, fragile, essere che osserva, che ama, con affanno, che spera, spera sempre fino alla fine. Non si può vivere di speranza. Eppure io non ho altro.

Se troverò la forza arriverò fino alla fine della strada con i fiori ormai secchi nelle mani, la bocca arida, le gambe distrutte, la schiena piegata e negli occhi un bagliore antico. Come all'inizio della storia, in quella casa tra le foglie.







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